Dal XVIII secolo i “prati del popolo romano” , destinati ad uso pubblico, accolsero, presso Testaccio, le spoglie delle persone di religione protestante, che secondo la legislazione pontificia non potevano essere tumulate in chiesa, ma per le quali era disdicevole  anche la sepoltura al Muro Torto con le prostitute, i suicidi e coloro che avevano rifiutato i sacramenti: dalla dialettica tra discriminazione - per cui l’“eretico” andava confinato in una zona marginale - e privilegio - in considerazione della dignità degli inumati - nacque dunque il Cimitero degli Inglesi o Cimitero Acattolico. La prima notizia di un’inumazione a Testaccio risale al 1738. Fino al 1765, tuttavia, non fu possibile, al pari di quanto avveniva per gli ebrei,  realizzare monumenti sepolcrali e l’area mantenne l’aspetto e la destinazione di prato pubblico. Tra i principali risultati della pressione diplomatica dei paesi protestanti sulla Curia pontificia vi fu, nel XIX sec., la realizzazione di opere di difesa del Cimitero,

le cui tombe erano spesso profanate da fanatici e ubriachi, e la regolamentazione dei diritti di sepoltura.
Il luogo si configurava come parco, che in parte conservava l’originario carattere rurale e in parte ricordava il cimitero-giardino in uso nell’Europa protestante. Sebbene la trasformazione di Roma in capitale d’Italia nel 1870 avesse portato la libertà confessionale, il Cimitero fu minacciato dall’espansione edilizia dei nuovi quartieri operai, ma l’azione diplomatica delle ambasciate straniere ne garantì la salvezza.
Il Cimitero custodisce oggi il ricordo di persone di varia nazionalità, ceto, fede o convinzione personale, come i poeti inglesi J. Keats e P. B. Shelley, o A. Gramsci, fondatore del Partito Comunista Italiano e antifascista.

 

( L. D’Alessandro)

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