Lo scavo del Nuovo Mercato Testaccio, un quadrilatero di circa un ettaro, partito dalla quota stradale di 15,00 metri s.l.m., si è approfondito fino a raggiungere la quota di 9,00 metri ca. s.l.m ha restituito una stratigrafia ininterrotta dall’età primo imperiale alla età contemporanea.
Una fase primo imperiale (età augustea-età flavia; I sec. d.C.) ha messo in luce nel settore nordorientale dello scavo e poi in quello occidentale, un sistema di ambienti coperti e cortili scoperti serviti da viabilità di servizio che risultano peculiari per il materiale da costruzione utilizzato. Tutti i “muri” del sistema sono infatti realizzati con anfore svuotate e reimpiegate impilate le une sulle altre. Allo stato attuale questo sistema di ambienti è stato identificato, nel settore nordorientale come un’ampia area di discariche per materiale edilizio di reimpiego, costituito per la maggior parte da materiale anforario e laterizio, mentre nel settore occidentale come ambienti, probabilmente di magazzino, con piani pavimentali in terra battuta ben riconoscibili.
La successiva fase di età medio imperiale (età traiano-adrianea; fine I sec. d. C. -metà II sec. d.C.) è caratterizzata nella porzione occidentale dello scavo dai livelli di costruzione di un edificio di forma trapezoidale, identificato come horreum, costituito da file di ambienti rettangolari prospettanti su un ampio piazzale porticato centrale ed in parte obliterato dalle moderne via B. Franklin, a ovest, e via A. Manuzio, a nord. Di questo magazzino si conservano esclusivamente i livelli di costruzione.L’horreum venne infatti interamente spoliato in età antica (fine III-inizi IV sec. d.C.) fino alle soglie del piano terreno.

Nella parte orientale dello scavo si sono individuati i resti delle fondazioni di quello che è stato identificato come un edificio a pilastri e navate, probabilmente coevo all’horreum e anch’esso completamente spoliato in età antica.Per quanto riguarda l’epoca medievale, le labili tracce conservate hanno fatto ipotizzare una frequentazione sporadica, piuttosto che una vera e propria occupazione dell’area indagata. A partire dall’età rinascimentale, invece, le evidenze archeologiche testimoniano inequivocabilmente la vocazione agricola del territorio e il carattere rurale del paesaggio, che si conservarono fino a quando il Testaccio, alla fine dell’Ottocento, divenne un quartiere, seppure periferico, di Roma capitale. Sullo scavo, alla fase rinascimentale appartengono tracce di attività agricola, costituite da solchi paralleli, il vicolo della Serpe, noto dalla cartografia storica, che corre grosso modo in direzione nord-sud e i resti di un casale rinascimentale. Le analisi archeobotaniche sui campioni di terra indicano la presenza di vigne e frutteti, con orti e, poco, frumento, combinazioni abbastanza tipiche della cd. “policoltura mediterranea”.
Della fase contemporanea lo scavo ha restituito le fondazioni di alcuni edifici di edilizia popolare noti come “villinetti”, costruiti dall’Istituto Autonomo Case Popolari (oggi ATER) negli anni venti del ‘900 e demoliti alla fine degli anni ‘60, luogo di ambientazione nel dopoguerra di alcuni film del tardo neorealismo e particolarmente amati, insieme all’intero Rione, da Pier Paolo Pasolini, che vi girò le sequenze finali di “Accattone”. Per ultimo sono stati individuati i livelli di occupazione del campo sportivo dell’A.S. Testaccio.

 

(R. Sebastiani)

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