Si tratta di uno degli esempi più antichi di sepolcro individuale in territorio urbano, riportato alla luce in via G. Branca nel dicembre del 1885, durante i lavori di scavo di un grande collettore fognario. È certamente il monumento funerario di un Servio Sulpicio Galba, console nel tardo periodo repubblicano: potrebbe trattarsi del grande giureconsulto e retore eletto nel 144 a.C., o di suo figlio, eletto nel 108 a.C. La correttezza della seconda attribuzione sarebbe avvalorata dallo stile ad altare greco, molto in voga alla fine del II secolo a. C.
L’iscrizione, chiara ed essenziale, così recita:


"SERVIO SULPICIO FIGLIO DI SERVIO
GALBA CONSOLE
PIEDI QUADRATI 30"

 

La dimensione dell’area destinata a sepoltura, ped(es) quadr(ati) XXX, è da ritenersi, in un’epoca in cui i sepolcri urbani erano collettivi ed ipogei,

davvero considerevole per un solo uomo e sottolinea la notevole rilevanza sociale del personaggio. Il monumento, in tufo di Monteverde con cornice in peperino e lapide in travertino, custodito oggi nell’Antiquarium Comunale del Celio, affacciava in origine direttamente su una frequentatissima derivazione della via Ostiense, appena all’ingresso dei giardini (horti) della tenuta familiare dei Galba, proprio di fronte alla maestosa Porticus Aemilia.
Su quel terreno, contestualmente alla realizzazione del sepolcro o pochi anni dopo, vennero costruiti i cosiddetti Horrea Galbana: i più grandi magazzini di generi alimentari della Roma repubblicana.
La posizione dell’edificio funebre, forse sormontato da una statua raffigurante il magistrato assiso sullo scanno consolare (sella curulis), era stata dunque concepita in modo da garantirne la massima visibilità, favorendo il giusto omaggio del viandante ad un così alto esponente della ricca e potente gens Sulpicia.  
 (S. Della Ricca)

 

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